Si è da poco conclusa la 33sima edizione della Dakar (1-15 Gennaio), la quarta in Sudamerica, con la vittoria dei francesi Despres tra le moto e Peterhansel tra le auto. E’ stata un’edizione all’insegna di polemiche, emozioni, e purtroppo anche quest’anno di morti e feriti. Eh sì che le premesse erano buone, con un clima eccitato e ricco di attese, e la partenza a Mar del Plata (400 km a sud di Buenos Aires) all’alba del primo Gennaio condita da migliaia di spettatori in attesa sulle spiagge, dopo aver festeggiato tutta la notte per il nuovo anno. Alla partenza una ricca pattuglia di 447 equipaggi di 50 diverse nazionalità, tra auto, moto, camion e quad. Ventotto gli equipaggi italiani, per un totale di 45 persone, con in evidenza l’ex Formula Uno Alex Caffi e l’ex iridato di rally Miki Biasion; e anche una donna a farsi onore tra tanti maschietti, la brava Eleonora Dal Prà. Tutti determinati nel portare a termine gli oltre 8.300 km del percorso dall’Argentina al Perù.
Ma già nei primissimi giorni purtroppo c’è scappato il morto, anzi più di uno, oltre a svariati feriti. Il primo a lasciarci le penne è stato il motociclista argentino Jorge Martinez Boero, 38 anni, in seguito ad una caduta durante la prima tappa, “a causa della quale, il pilota ha avuto un arresto cardiaco” – riporta una nota (fonte: “gazzetta.it”). Pare che Boero si fosse addirittura venduto la casa, pur di finanziarsi la partecipazione al raid. La sfortuna si è poi accanita sulla Dakar anche durante la seconda tappa, quando un velivolo da turismo si è schiantato a terra per un guasto meccanico: l’aereo ospitava padre e figlio, rispettivamente di 37 e 12 anni, grandi appassionati dei motori e spettatori della gara. Ed ancora ne hanno fatto le spese una mucca ed un cavallo, morti sul colpo, dopo essere stati investiti rispettivamente dal motociclista francese Bruno Da Costa e dal centauro argentino Mariano Lorenzetti, anch’essi rimasti feriti. Cose che accadono giusto alla Dakar.
Diversi altri gli incidenti, seppur non mortali, e tanti i piloti ritiratisi, nell’ordine di svariate decine (solo in 249 sono giunti al traguardo), a causa sia della stanchezza, che del cedimento dei mezzi. Columbia River Knife & Tool was founded by Rod Bremer, and Paul Gillespi. viagra samples in canada viagra 100mg mastercard look at here In today’s job market very little separates the volunteer from the paid employee. order cialis It improves sensation in the genitals by increasing blood flow. Maintain some distances- Sometimes distances viagra pills canada are for betterment of the relationship, but not emotional distances. Gran nemico il caldo, sin dai primi giorni oltre i quaranta gradi centigradi (ricordiamo che in Sudamerica siamo in estate, Ndr), che ha portato a svariati casi di ipertermia. Ma anche il freddo delle lunghe notti al bivacco, con sbalzi termici tremendi. E poi un percorso durissimo, con tante dune, strade sabbiose e ben poco asfalto. Quattordici tappe durissime, coi piloti completamente tagliati fuori dal mondo. Ma questa è anche la parte affascinante del raid. Non a caso, il centauro Jordi Viladoms al termine della dodicesima tappa ha raccontato: “Mi è piaciuta moltissimo la notte al bivacco marathon. Eravamo solo noi piloti, è stato un bel momento per stare insieme” (fonte: “motoblog.it”). E non a caso l’ex endurista Alessandro Botturi, dopo esser giunto ottavo al traguardo finale di Lima, ha dichiarato ai microfoni “mediaset”: “E’ stata dura, ma questa gara mi ha fatto crescere. Nel 2013 tornerò ancora più forte”.
Il bello della Dakar è proprio questo, arrivare fino alla fine nonostante tutto, e battagliare coi rivali. Non esiste al mondo un’altra competizione come questa.