A prescindere dall’orientamento di ognuno nei confronti della fede, un fatto accertato è che non deve essere facile svolgere il ruolo di sacerdote, in particolar modo in questo periodo. Personalmente credo al principio per cui sotto ogni abito, dalla toga alla divisa, dal camice fino alla tonaca, ci deve essere un uomo, principio confermato da uomini come don Andrea Gallo. Partigiano già a 16 anni nel ’44, a vent’anni prese i voti con i Salesiani, e proprio dall’insegnamento di San Giovanni Bosco, loro fondatore, fin dall’inizio colse lo spirito genuinamente missionario. Ultimo fra gli ultimi, come amava definirsi fin dall’inizio, dopo una permanenza in Brasile, attorno ai 25 anni, divenne cappellano sulla nave-scuola Garaventa, tristemente nota in quanto riformatorio minorile. E proprio l’approccio salesiano, all’insegna di un’idea pedagogica di dialogo e di autogestione, inclusiva di ogni diversità, ben diversa da quella repressiva dominante all’epoca, diventò il suo tratto distintivo. Dal riformatorio a cappellano del carcere, anche a causa di pesanti incomprensioni con le alte sfere ecclesiastiche, passò dalla Parrocchia dell’isola di Capraia, a quella genovese del Carmine. Già da allora, siamo nel ’70, don Gallo divenne rapidamente un solido punto di riferimento per i più poveri ed emarginati, fino a quando, durante un’omelia in difesa proprio dei meno abbienti, autentico casus belli, gli fu rovesciata addosso l’accusa di essere comunista. Da qui l’offerta di tornare a Capraia, che rifiutò, per essere accolto da don Federico Rebora, parroco di San Benedetto al Porto, in via Brignole de Ferrari al civico 3.
Un impegno civile, che ha visto anche la lotta per la legalizzazione delle droghe leggere, insieme agli amici musicisti Vasco Rossi e Piero Pelù, con tanto di disobbedienza civile fumando uno spinello, episodio che gli costò una multa, alla ferma opposizione della costruzione della base militare Usa a Vicenza, fino alla partecipazione al Genova Pride 2009 in difesa degli omosessuali, contrapponendosi alle scelte della Chiesa. Using the self defense study course is extremely good option to learn the skill of personalized cialis professional uk defense. You can talk to each other about http://appalachianmagazine.com/wp-content/uploads/2017/03/AM-Media-Guide-2017.pdf buy levitra online how much you are sacrificing and how your partner is not caring for you. If you are not familiar with erectile dysfunction, it is “impotency” that might be quite easy for you to have confidence in a pharmacy and obtain such useful medicines from this. viagra generic uk This anti ED drug soft cialis helps you get a successful cure. Riguardo a questo, presentò anche il primo calendario trans, con le transessuali storiche del ghetto di Genova. Oltre al sociale, vanno ricordate anche prese di posizioni decisamente più politiche, dalla partecipazione al V2-Day organizzato da un altro genovese, Beppe Grillo, alla candidatura di Nichi Vendola. Con altrettanta onestà intellettuale va però anche detto che le sue scelte, al di là di ogni possibile interesse personale o di consorteria, erano basate su determinate scelte tematiche, a partire proprio dai principi quali uguaglianza e legalità.
Non solo scelte sociali o politiche, tuttavia, ma anche di matrice culturale. Al di là di qualche partecipazione musicale, più ironica che altro, don Andrea ha scritto di suo pugno oltre venti libri (scusate se è poco), uno dei quali “Sono venuto per servire”, insieme a Loris Mazzetti, storico collaboratore di Enzo Biagi. Sempre in ambito editoriale, compì un atto di coraggio quando decise di non pubblicare più con Mondadori, quando il quotidiano La Repubblica pubblicò una lettera aperta del teologo Vito Mancuso in cui si interrogava se fosse etico continuare a pubblicare con l’editore di Segrate, che in vent’anni aveva pagato meno di dieci milioni di euro in tasse anziché le dovute 350, il tutto sanato da una legge ad hoc (prassi che spesso ha interessato il dominus di questa casa editrice, che non vi diciamo chi è, tanto lo sapete già). Una vita culturale e di amicizia condivisa con altri artisti oltre a quelli citati, come Gino Paoli e Fabrizio de André, e la scrittrice e traduttrice Fernanda Pivano, di cui tenne l’orazione funebre.
E per chiarire un po’ i fatti riguardo il giorno dei suoi funerali, in cui il cardinale Angelo Bagnasco (che ha tenuto insieme a don Luigi Ciotti l’orazione funebre, con un successivo intervento, sul sagrato, da parte del sindaco della città portuale Marco Doria e dell’attore-autore Moni Ovadia) è stato pesantemente contestato da una parte dei partecipanti, è necessario ricordare che proprio nei confronti dello stesso Bagnasco, in quanto presidente della Conferenza Episcopale Italiana, si registrò uno dei più aspri scontri. Infatti Avvenire, l’organo della stessa CEI, con due articoli attaccò la partecipazione di don Gallo a “Vieni via con me”, il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, pezzi in cui don Gallo veniva arbitrariamente definito prete vanitoso e fazioso. E’ probabilmente comprensibile che per molti l’esercizio del ruolo sacerdotale possa anche non includere tutto questo, ma, da un certo punto di vista, è tranquillamente possibile affermare anche il contrario, soprattutto se certi atti che qualcuno definisce sopra le righe sono in difesa di chi non è in grado di farlo. Proprio come le categorie che don Gallo cercava di tutelare.
Al di là di tutto questo questo, perché le polemiche passano e i fatti restano, vorrei concludere ricordando le parole che lo stesso don Ciotti gli ha dedicato, indicandolo come uomo della società civile, con il quale ha condiviso tante battaglie, e come sacerdote innamorato dei poveri, capace di unire la terra con il cielo.