“Per i suoi risultati nel campo dell’analisi dei consumi, della storia e teoria monetaria e per la sua dimostrazione della complessità della politica di stabilizzazione.” Questa la motivazione per il conferimento del Premio Nobel per l’Economia a Milton Friedman (1912-2006) nel 1976, il teorico definito più volte l’anti-Keynes per il suo rifiuto a qualsiasi interventodello Stato nello sviluppo economico. Liberista convinto e fautore del lasseiz-faire, Friedman influenzò le politiche di Margaret Thatcher e Ronald Reagan nel corso degli anni Ottanta. Ma già prima, nel 1975, aveva indirizzato una lettera al dittatore cileno Pinochet indicandogli la strada per un possibile sviluppo secondo le proprie teorie, collaborazione che gli valse l’ostilità soprattutto di partiti e movimenti della sinistra comunista. Sempre negli anni Settanta, Friedman fu il mentore presso l’Università di Chicago di un gruppo di economisti provenienti da tutto il mondo che esercitarono con la loro opera un profondo cambiamento allo sviluppo di paesi emergenti come appunto il Cile, l’India, il Brasile, la Cina, la Polonia, oltre naturalmente ad “assestare” quello di grandi potenze consolidate come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Interventi che se da un lato riuscirono in effetti a far emergere realtà considerate fino a ieri sottosviluppate e a risanare l’economia di paesi in crisi, dall’altro provocarono “lacrime e sangue”, ovvero gravi scompensi a danno delle fasce più deboli delle popolazioni, in Europa come nel Terzo Mondo, in Asia come in America.
Renato Sarti veste i panni di un seguace della scuola di Chicago, un bieco investitore senza scrupoli avvezzo a qualsiasi forma di speculazione. Con il suo spettacolo, più che una trama esprime un reportage sugli effetti deleteri del capitalismo internazionale: all’interno di una vasca per idromassaggi, coadiuvato da una “velina” russa costretta a ogni forma di asservimento, presenta in dieci lezioni con supporti audiovisivi il modo in cui si è riusciti nei più biechi sfruttamenti di capitali e risorse per la trasformazione del mondo. Un’analisi efficace e in effetti impietosa nei confronti di quello che viene definito “libero mercato”, dove l’elemento capitalista a fortiori altera le scene del presente con qualsiasi mezzo per la realizzazione dei propri profitti, a discapito di uomini, risorse idriche e alimentari, gli stessi elementi naturali. Una denuncia emozionale, passionale ed efficace, che non può lasciare indifferenti, ma che tuttavia tradisce nella maschera gangsteristica del protagonista una versione più casalinga del dispotismo capitalistico. Sì, è vero, parecchi dissesti del pianeta sono dovuti a una faziosa applicazione di teorie liberiste (ma, in realtà, non solo!) e dei conseguenti giochi di potere, ma il personaggio che si muove dentro la putrida vasca in cui stagnano le escrescenze dei propri vizi, sembra in realtà l’epigono del cibo decomposto del capitalismo nostrano, più vicino a una sorta di “stalinismo rovesciato” che non ai precetti di Friedman, uno scienziato questi che, occorre non dimenticarlo, nell’adempimento delle sue teorie arrivò persino a sfidare i cartelli della droga in un documento del 2005 caro ai libertari e ai movimenti antiproibizionisti di tutto il mondo. I Chicago Boys sono in fondo il pretesto per un J’Accuse nei confronti di un atteggiamento artefatto e violento che poco ha a che fare con le stesse teorie liberiste anche se a esse finge di ispirarsi, un dispotismo illiberale che schiaccia il diritto individuale in deroga a qualsiasi fondamento etico, dove i giochi di palazzo si mischiano alla melma di festini e invitanti cotillon con tanto di prostituzione minorile.
Uno spettacolo a metà tra il teatro epico e il cabaret, che riesce in qualche modo a far luce sui troppi squallori del presente firmati dagli abusi del potere economico. Su di essi, dunque, molto brechtianamente… si alzi il sipario!
Giudizio: ***
Produzione TEATRO DELLA COOPERATIVA
con il sostegno di Regione Lombardia – Progetto Next
in collaborazione con La Corte Ospitale
Chicago Boys testo e regia Renato Sarti
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con la collaborazione di Bebo Storti
Con Renato Sarti e Elena Novoselova
Scene e costumi: Carlo Sala
Video realizzati in collaborazione con
Fabio Bettonica e N.A.B.A. – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano
Milano, Teatro Elfo Puccini, Sala Fassbinder
Dal 7al 19 giugno 2011