Foto: Claudia Scano, autrice del libro "Ma l'amore no", 2016 Blonk Editore
Foto: Claudia Scano, autrice del libro "Ma l'amore no", 2016 Blonk Editore
Foto: Claudia Scano © Marco Ragaini

Sesso, sentimenti e precarietà al tempo dei social media

Un romanzo – quello di Claudia Scano al lavoro di esordio – “Ma L’amore no”, 2016, Blonk Editore, che ho letto avidamente dopo averne visto una presentazione nel 2017 organizzata da Ugo Sandulli presso il MASADA di Viale Espinasse a Milano.

La Scano situa la narrazione in un lasso temporale di due anni.  Segue i suoi personaggi – utilizzando la prima persona, alternando dialoghi a trascrizioni di testi di chat, chiosando con titoli di brani musicali o di opere letterarie. Micro-citazioni che hanno lo scopo di introdurre il tema che succederà a breve o di esprimere l’emozione che Chiara – il personaggio principale – sta vivendo.

Con uno stile che ricrea il flusso ininterrotto della vita della protagonista, si racconta la sua conquista di “autodeterminazione”: vivere il sesso come mezzo di comunicazione, come fatto slegato dai sentimenti o dalle costruzioni che l’educazione ha veicolato tramite il mito della Principessa che si completa e si risveglia tramite il bacio di un Principe. Un archetipo che – per generazione – ha introiettato in stile Walt Disney, attraverso l’immaginario dei cartoni animati.

A livello di uso del linguaggio è apprezzabile lo sforzo – a nostro avviso riuscito – di descrivere l’amplesso con parole nuove. In maniera diretta – solo apparentemente pornografica – nel senso di concentrata sul dettaglio – quindi qui mai sconcia – ma invece volta a ricreare una cronaca dal corpo femminile, libera e gioiosa.

Il mondo descritto nel romanzo racconta di una specifica generazionenata all’inizio degli anni Ottanta [l’Autrice è del 1983] – e che vive nella precarietà lavorativa, nella velocità degli incontri della grande metropoli, ma che è anche capace di creare solide amicizie e poggiare sugli obiettivi da raggiungere il proprio equilibrio.

Ahimè, Chiara non è immune dall’innamorarsi e dall’essere rifiutata. La ricostruzione del suo sé diventa materia universale in cui il lettore può identificarsi ed il romanzo “Ma l’amore no” risuona in sintonia per chi si pone interrogativi sulle relazioni – ancor più ai tempi dei social media.

Dopo un certo tempo di decantazione, ho voluto intervistare Claudia Scano. Ecco le domande che le ho sottoposto.

Quale è stata l’urgenza che ti ha spinto a scrivere questa storia?

Claudia Scano: Il mio intento iniziale era di scrivere un romanzo erotico, narrare una storia dove il sesso fosse descritto esplicitamente, pornograficamente come si suol dire, ma già dalla stesura del plot mi sono resa conto che mi sarei sentita limitata. Volevo parlare della vita, dell’esistenza di una persona e del mondo che le gravitava attorno. Nella vita della protagonista il sesso è una componente importante, che le permette di esprimere la propria libertà ma non è l’unica componente. Mi interessava e premeva parlare di precarietà in senso lato: relazionale, lavorativa, sessuale, economica, tutti elementi che erano presenti nella mia vita e quindi conoscevo bene. Volevo parlare della mia generazione.

Spiegami il tuo concetto di “autodeterminazione” che – se non erro – ti ho sentito esporre in un reading.

C.S. L’autodeterminazione è un concetto a me caro, al quale mi sono avvicinata consapevolmente proprio nel periodo in cui ho iniziato la stesura di “Ma l’amore no”. Sia per quanto riguarda me che i miei personaggi la possibilità di scegliere è determinante. Decidere come vivere e chi essere, l’aspirazione a un (personale) ideale, a dei princìpi che possono coincidere con quelli della società, ma che non vi aderiscono necessariamente.
La scelta stessa di parlare di sesso e di scriverlo come ho fatto è per me autodeterminazione. Il fatto che la protagonista abbia rapporti sessuali liberi, sereni, gioiosi, slegati da una sfera relazionale – che non sia quella sessuale appunto –  non significa che si comprometta, si butti via o sminuisca. Vuol dire che per lei fare sesso è condividere, conoscere, divertirsi anche al di fuori di una storia.
Per me autodeterminazione è assumersi una responsabilità verso le proprie scelte, dichiarare apertamente la propria posizione e comportarsi in linea con essa, incluse le ambiguità del caso.

Cinquanta anni fa scoppiava la cosiddetta “Hippy Revolution” contraddistinta anche per un uso rivoluzionario del corpo nudo, del corpo liberato. Ed in seguito dalla “riappropriazione” del corpo ad opera – in sintesi – del Movimento Femminista. Cosa ne pensi? C’è un lascito di questo periodo e di queste istanze a favore della tua generazione?

C.S. Il motto “il corpo/l’utero è mio e lo gestisco io”, pur essendo successivo e usato in relazione al diritto all’aborto, secondo me riassume tutto. Non è un caso che il corpo liberato sia nudo, privato di orpelli che lo adornano – sì – ma inevitabilmente lo limitano e costringono, lo soggiogano.

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Il termine utero per designare il corpo e il termine corpo per designare la donna stessa. Non sono tanto convinta che la mia generazione come quelle dopo siano consapevoli di questo lascito, perché quando hai un diritto difficilmente ti chiedi perché tu ce l’abbia, lo prendi come per dato e solitamente finisce lì. Diverso è se quel diritto viene messo in discussione, tolto.

I nostri corpi, soprattutto quelli delle donne, sono apparentemente liberati. Sono nudi, ma non liberi. Sono corpi codificati e abusati, sovraesposti e perennemente sessualizzati. I corpi trans e intersex poi non ne parliamo: inesistenti, censurati. Il corpo è considerato tuttora volgare e mero strumento sessuale, a meno che non sia corpo di madre o di bambino/a, in quel caso c’è la sua (moralista) santificazione, che – almeno per quanto mi riguarda –  è tanto sgradevole come i concetti espressi prima. Penso che la cosiddetta ondata femminista abbia fatto tanto e che le generazioni successive – non di femministe ma di persone in generale – se ne siano occupate poco se non affatto, in qualche modo vanificando le lotte del passato.

Il tuo libro – come ho accennato nella recensione – include alcuni brani in cui gli amplessi tra i personaggi sono descritti senza omissioni. Se non erro questo ha implicato un lavoro sulla scrittura attraverso un laboratorio. Puoi spiegarmi questa particolarità?

C.S. Credo che ti riferisca ai laboratori di scrittura erotica condotti da Slavina a cui ho partecipato nel 2015. [ndr “Le parole che non o/so dire”]. Mi hanno aiutato molto, sì, più che altro a livello strutturale, perché ho ricevuto indicazioni sulle domande da pormi per raccontare le storie che mi interessavano, per arrivare al punto in un crescendo che fosse quello del rapporto sessuale stesso, poi devo ammettere che ci ho messo molto del mio.
Quando leggo, guardo uno spettacolo teatrale o un film mi piace una narrazione dettagliata rispetto a una rarefatta, anche se le apprezzo entrambe se chi racconta è in grado di emozionarmi, questo vale tanto per l’erotismo quanto per la letteratura in senso più ampio.

In che senso ?

C.S. Il mio cruccio era ed è tuttora: “se in una storia mi soffermo con dovizie di particolari su un dialogo, un incontro, sulla descrizione di un contesto e/o paesaggio, perché questo non dovrebbe valere per il racconto di uno o più amplessi?”. Ho sempre detestato quando in un film, romanzo o spettacolo i personaggi si baciano, si spogliano e… “fanno l’amore”, “scopano”. Prima tutta la sviolinata su quanto sta accadendo e poi una chiusa rapida e asettica. Personalmente sono interessata a sapere anche quanto accade durante il sesso e mi piace che l’autrice o l’autore me ne parli. Capisco che il mio gusto non incontra necessariamente quello di una parte delle lettrici e dei lettori, ma è il mio personale. In “Ma l’amore no” il sesso, presente fin dalle prime pagine si fa via via più sbiadito, perché esso stesso viene schiacciato e compromesso dalle esperienze drammatiche della protagonista. C’è una crepa nella narrazione. La gioia del sesso e il piacere tratto da esso vengono parzialmente meno ed è in quel caso che ho scelto di non parlarne quasi più.

Ringrazio Claudia Scano e mi congedo. Adesso mi risulta più chiaro persino il finale – che ovviamente non rivelo per non togliere il piacere ai lettori. Prometto, non è spoiler: il cambio di passo e la chiusa secca – che lascia un po’ di amaro in bocca – che avevo attribuito solamente a una presa di posizione del personaggio Chiara verso Federico – adesso appaiono connotate di ben più ampio valore.

Foto: copertina “Ma l’amore no” , 2016 Blonk Editore
Foto: copertina “Ma l’amore no” © 2016 Blonk Editore

Per saperne di più:
L’Editore:
https://www.blonk.it
Il link al libro sul sito dell’Editore: https://www.blonk.it/book/ma-lamore-no/
La pagina Facebook dell’Editore: https://www.facebook.com/Blonkeditore/
Claudia Scano Facebook: https://www.facebook.com/claudia.ska83
Claudia Scano Instagram: claudia_ska83