Al Pacta Salone, per la regia di Annig Raimondi, il capolavoro di Elias Canetti che anticipò le analisi sociologiche sull’identità individuale in rapporto al potere
Komödie der Eitelkeit (La commedia della vanità), testo scritto in tedesco nel 1934 dal drammaturgo bulgaro premio Nobel Elias Canetti e andato in scena per la prima volta nel 1950, fu concepito in un periodo dove i totalitarismi del Novecento imponevano la loro influenza nel panorama geopolitico europeo e non solo. Se già Aldous Huxley aveva interpretato con Il mondo nuovo le conseguenze della manipolazione sociale attraverso l’eugenetica e successivamente Orwell, come gli americani Bradbury e Dick, la ridefinizione allarmante di una cosmogonia umana fantapolitica, Canetti, in forte anticipo rispetto ad Anthony Burgess che, pur orwelliano, con Clockwork Orange (Arancia meccanica) affrontò negli anni sessanta la libertà di scelta individuale rispetto alle invasività del potere, entrò nel campo d’indagine della crisi identitaria soggettiva in relazione a un diktat del sistema.
La decisione di un governo di mettere al bando gli specchi per ledere alla sua radice la vanità, considerata fonte di ogni male sociale, porta a una inaspettata svolta i contenuti relazionali, al punto da rendere sterili se non snaturate le cognizioni rispetto alla propria forma in assenza di qualsiasi rappresentazione. Lo specchio è il precipitato alchemico, la tomba di Narciso, ma anche il riflesso frammentato dell’anima di Dioniso, personaggio mitologico caro a Jung e a Nietzsche, che giocando inventò il mondo sviluppando l’elemento culturale, vero nemico di qualsiasi governance dispotica. Non a caso il rogo collettivo degli specchi ricorda quello nazista dei libri, ripreso poi allegoricamente da Ray Bradbury con Fahrenheit 451, ma che riporta alla condizione di massa la condivisione consapevole o meno di una decisione autoritaria e avvicinando negli stilemi collettivi l’autore bulgaro a Brecht. La differenza avviene poi, nelle crisi di identità che arrivano a colpire gli stessi commissari esecutori del decreto, con fantasmi viventi resi fantocci e divisioni dell’Io, se non sovrapposizioni con parenti morti, uno status diabolico anticipato all’inizio nell’affermazione che il diavolo non possiede specchi. L’epilogo che vede una clinica dove il malato è curato con una dose terapeutica del riflesso di sé è indicativa di come il divieto della propria immagine comporti la negazione della sfera interiore con conseguente deriva dell’umanità.
La visione di Annig Raimondi, andata in scena al Pacta Salone di Milano dal 3 al 19 maggio con Maria Eugenia D’Aquino, Paui Galli, Riccardo Magherini, Alessandro Pazzi, Eliel Ferreira de Sousa e la stessa regista, immedesima lo spettatore in un’atmosfera dai tratti onirici dove la realtà e il vissuto quotidiano si trasformano in incubo, coadiuvata dalla suggestiva scenografia, le musiche originali di Maurizio Pisati e le variazioni cromatiche suggerite dal disegno luce di Manfredi Michelazzi. Il risultato è uno spettacolo dai toni surreali,adeguatamente interpretato nel configurare la distorsione delle coscienze, una pièce che ha il merito di evidenziare un testo topico della letteratura teatrale del Novecento, dalla straordinaria attualità, in cui la crisi dell’individuo di fronte alle decisioni di un improvvido potere comporta di converso il ristabilimento delle identità per la sopravvivenza di una civiltà del futuro.
Giudizio: ***
Produzione PACTA . dei Teatri
con il contributo di NEXT – Regione Lombardia
La commedia della vanitàdi Elias Canetti
Traduzione di Bianca Zagari
Con Maria Eugenia D’Aquino, Paui Galli, Riccardo Magherini, Alessandro Pazzi, Annig Raimondi, Eliel Ferreira de Sousa
Regia di Annig Raimondi
Musiche originali: Maurizio Pisati
Spazio scenico: Lazlo Ctrvlich
Disegno luci: Manfredi Michelazzi
Costumi: Nir Lagziel
Assistente costumi: Marlene Pisati
Assistenti alla regia: Marianna Cossu e Maria Grosso
Oggetti di scena: Progetto Ri-costruzione ASST Lodi
Milano, PACTA SALONE, via Ulisse Dini 7
Dal 3 al 19 maggio 2019
www.pacta.org