Foto di scena: da sin. Mino Manni, Chiara Anicito, Davide Lorenzo Palla ne Il giocatore da Dostoevskij, regia di Alberto Oliva al Teatro Out Off di Milano
Foto di scena: da sin. Mino Manni, Chiara Anicito, Davide Lorenzo Palla ne Il giocatore da Dostoevskij, regia di Alberto Oliva al Teatro Out Off di Milano
Foto di scena: da sin. Mino Manni, Chiara Anicito, Davide Lorenzo Palla © Sara Scanderebech

Il condizionamento di un organismo si verifica quando uno stimolo naturale viene associato ad uno artificiale, ove quest’ultimo induce il primo ad una risposta arbitraria, di cui si avvale. Lo psicologo, scrittore e poeta Burrhus Skinner inventò la camera di condizionamento operante, divenuta nota come “Skinner Box”. Uno stimolo nei confronti di un organismo, per esempio un topo, dà luogo ad una risposta e a un ulteriore stimolo rinforzante che fa seguito alla risposta stessa, aumentando la probabilità che, in presenza di un medesimo contesto, il soggetto in esame continui ad adottare quel comportamento. Se l’animale in gabbia viene condizionato a digitare un pulsante per ottenere del cibo, questo continuerà a compiere quel gesto anche quando il cibo non arriva più, semplicemente perché si continua a trovare nella stessa situazione ambientale che ne ha provocato la risposta. Marco Dotti, docente di Professioni dell’Editoria presso l’Università di Pavia e autore dei libri Slot city – Brianza – Milano e ritorno e Il calcolo dei dadi. Azzardo e vita quotidiana, presente in una breve tavola rotonda che si è tenuta martedì 25 marzo al Teatro Out Off prima dello spettacolo Il giocatore, ha descritto l’esperimento della “Skinner Box” come modello fenomenologico che fa seguito alle slot machine sempre più presenti nei bar e locali d’intrattenimento: l’uomo, alla pari di un topo, si estranea dal contesto esterno ed è sollecitato a digitare i pulsanti della macchina esattamente come a giocare a poker online, gratta e vinci, superlotterie, vittima di una sorta di “malattia” che sta condizionando la vita, in troppi casi rovinandola, di circa tre milioni di italiani, garantendo allo Stato un fatturato di oltre 13 miliardi di euro, per non parlare del giro di affari delle società concessionarie.
Dopo Notti bianche, La confessione e Ivan e il diavolo (da I Fratelli Karamazov), Alberto Oliva ha riportato in scena Dostoevskij adattando il romanzo, contemporaneo di Delitto e castigo, pubblicato nel 1866 per far fronte proprio ai debiti di gioco dell’autore e divenuto a sua volta uno dei capolavori dell’Ottocento russo.
Naturalmente il gioco protagonista del romanzo non è quello delle “macchinette mangiasoldi”. Qui siamo in Germania, a Roulettenburg, località immaginata da Dostoevskij e probabile emulo di Wiesbaden, drammaticamente nota allo scrittore per il suo casinò, e la roulette, nella storia, ha avuto comunque una valenza sociale, nonché relazionale tra gli stessi giocatori, completamente diversa da quella delle slot. Il vizio del gioco tuttavia trasforma sempre gli individui, brucia la loro anima, come un diavolo tentatore in agguato pronto a impossessarsi della virtù di chiunque gli si avvicini. Su questo tipo di rapporto Alberto Oliva ha impostato il suo spettacolo, con un risultato straordinario, che pone Dostoevskij come una sorta di oracolo del presente, dove il gioco si è fatto ormai protagonista di una ipnosi collettiva in cui ciascun individuo sembra vivere una finta realtà fatta di nubi soffici, quasi impalpabili, dentro una sfera atemporale. Aleksej Ivànovic, il narratore nel romanzo, qui interpretato da Mino Manni, gioca e vince per l’amata Polina Aleksàndrovna della quale è innamorato, figliastra di un generale e indebitata a causa delle manipolazioni del francese Des Grieux, ma nel contempo il suo mondo appare come un grande gioco di ruolo, e il suo stesso sentimento l’ingrediente virtuale di un grande schema dove a vincere è sempre il vizio. Tutti i personaggi citati o interpretati, dal barone tedesco di cui Aleksej si burla al prestigiatore croupier fino a Mr. Astley, compaiono e svaniscono come satelliti di un pianeta malato destinato a ruotare attorno a se stesso come la ruota di una roulette. La stessa versatilità di Davide Lorenzo Palla, che arriva persino a interpretare la “baboulinka” (nonna), la proprietaria della futura eredità che con la sua morte avrebbe salvato la famiglia del generale dai debiti, e che invece piomba a sorpresa in Germania e dissipa l’intero patrimonio perdendo al casinò con Aleksej, tende a sottolineare la presenza virtuale di identità che si mischiano e si sciolgono per annullarsi di fronte al dio gioco. Il risultato è uno spettacolo a tratti surreale, dagli inquietanti risvolti onirici, che richiamano in realtà l’incubo di una presenza ipnotica sopra ogni stadio sensibile di coscienza.

Giudizio: ***1/2


Produzione Exen Drama in coproduzione con Teatro Out Off in collaborazione con I Demoni

Il Giocatore da Fedor Dostoevskij
Adattamento di Alberto Oliva e Mino Manni

prima nazionale
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Con Mino Manni, Davide Lorenzo Palla, Chiara Anicito / Elena Ferrari
Regia di Alberto Oliva

Assistente alla regia: Emanuela Ferlito
Scenografia: Michele Ciardulli
Video: Maurizio Losi, Sara Scanderebech, Elisa de Fazio
Costumi: Marco Ferrara
Musiche originali: Francesco Lori

Milano, Teatro Out Off, via Mac Mahon 16
Dal 12 al 30 marzo 2014
www.teatrooutoff.it