Foto di scena: La Gioia, all'Arena del Sole di Bologna dal 1° al 4 marzo 2018
Foto di scena: La Gioia, all'Arena del Sole di Bologna dal 1° al 4 marzo 2018
Foto di scena: La Gioia © Luca Del Pia

Per il debutto del suo ultimo spettacolo prodotto da ERT e dal Théatre de Liége, La Gioia, Pippo Delbono, (regista, attore, danzatore, drammaturgo), ha scelto l’Arena del Sole di Bologna.
La Gioia, ispiratagli  da opere come “La morte di Ivan Il’ič” di Tolstoj, o dall’”Enrico IV”di Pirandello, in cui fluttuano versi di Kikuo Takano, è un lavoro difficilmente traducibile in parole -come d’altronde accade in tutte le messe in scena del regista ligure- che va vissuto in prima persona;  si tratta di un viaggio, di un cammino verso la gioia appunto, dove Delbono accompagna lo spettatore per mano e gli fa attraversare la vita, l’interiorità nella sua sconfinata bellezza e profonda bruttezza, con le sue vette e le sue voragini, con la sua fetta di buio e di luce, le prime condizioni necessarie per fare esperienza delle seconde, e viceversa. La Gioia si apre sotto le note di “Don’t worry be happy” con un personaggio che bagna un fiore che cresce fino a quadruplicarsi, come il potenziale umano che se innaffiato costantemente e con fiducia è destinato ad espandersi. Tutto lo spettacolo -un work in progress “pieno di buchi neri”- sarà un climax di emozioni, immagini, poesie, riflessioni, danze, musica, dove momenti angoscianti si intercaleranno ad altri gioiosi, tristi, ironici, in cui lo spettatore potrà opporre anche resistenza ma finirà per arrendersi inesorabilmente a questo flusso ininterrotto e si lascerà travolgere.

L’opera è intrisa di frammenti di vita, istantanee di un quotidiano che è sogno lucido, baraccone circense, grottesco e poetico, fiaba per ragazzi dove albergano bellezza e terrore, oltre che, come avviene in tutti i percorsi di iniziazione, l’emergere di un insegnamento suggerito, in una autocitazione continua di quello che è il percorso artistico del regista. L’intero spettacolo rigetta la banalizzazione, i liofilizzati di felicità, i sorrisi finti, i sentimenti simulati, scaccia i perbenismi borghesi, i saperi precostituiti, le certezze radicate, gli incasellamenti: beato è colui che riesce ancora a provare qualcosa, a sentire senza essere anestetizzato perché allora sì che non ha vissuto invano. Delbono rinuncia alla scenografia quasi del tutto per focalizzarsi  sull’essere umano nella sua essenza più profonda e nello specifico sul suo gruppo (compagnia artistica e famiglia sui generis dove l’incontro di uno ha inevitabilmente cambiato il corso della vita dell’altro), microcosmo imperfettamente perfetto che rappresenta l’umanità in senso più vasto; in scena troviamo Bobò microcefalo sordomuto incontrato una ventina d’anni fa nel manicomio di Aversa, Gianluca Ballarè storico attore down ex allievo della madre di Pippo che prima canta in playback “Maledetta primavera” e poi si traveste da clown, Zakria Safi  rifugiato afghano, Nelson Lariccia ex clochard, Ilaria la tanguera, Grazia che danza sotto le note de “Il petit fleur”…

Il palcoscenico ospita una riflessione sul senso della vita, che prevede inevitabilmente una elaborazione- accettazione della morte, (inizialmente lo spettacolo avrebbe dovuto chiamarsi “La morte gioiosa”) e sulla gioia che non è da intendersi come emozione statica e punto di arrivo, un sentimento che non c’entra con le apparenze e le strategie del marketing che ci vuole omologati e felici grazie a qualche cosa, ma è semmai uno stato che prevede un percorso legato alla spiritualità non disgiunto dalla ricerca della verità che ci rende finalmente liberi. In scena vengono affrontati tanti argomenti: l’immigrazione “Mare nostro che non sei nei cieli”, preghiera forte e disperata di Erri De Luca cadenzata da distese di indumenti e stracci colorati, la diversità che è unicità preziosa (argomento ripreso più volte, una tra tutte nel racconto di un anziano attore incontrato a Bali che ha interpretato per l’intera vita il ruolo della scimmia ed è diventato bravissimo), il sentimento puro che a volte si innesca da un incontro tra esseri umani  predestinati con i fragili equilibri e le insicurezze che esso comporta (tocca picchi di grande lirismo la citazione beckettiana di Aspettando Godot, esemplificata nella scena sulla panchina dove un piccolo Bobò insieme all’imponente Delbono mima gesti suggeriti da una voce off), il rifiuto di spiegare tutto come vorrebbero i tedeschi che pretendono di comprendere ogni più piccola cosa (l’invito rivolto a Bobò di cimentarsi in un “discorso” in occasione del suo compleanno produce un insieme di suoni più eloquenti di ogni retorica).

Il finale convince e trascina: mentre scendono ovunque fiori ideati dal designer belga Thierry Boutemy (floral artist che ha lavorato negli allestimenti di “Maria Antonietta” di Sofia Coppola, e per gli scatti di moda di Mario Testino) in un’esplosione inimmaginabile di bellezza (sembrerebbe un omaggio anche a “Nelken” della maestra coreografa Pina Bausch), Delbono declama “il dolore ti schiaccia, ti inzavorra, la gioia conosce solo l’alfabeto della leggerezza …non pensarla la gioia, sentila!”E’ un grido catartico tra tutta quella natura, simbolo di resilienza, che invita alla non rassegnazione: standing ovation unanime e sentita.

Giudizio: ***

Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
Compagnia Pippo Delbono
Coproduzione Théâtre de Liège, Le Manège Maubeuge – Scène Nationale

La Gioiauno spettacolo di Pippo Delbono
Con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante,  Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Zakria Safi, Grazia Spinella

Composizione floreale: Thierry Boutemy
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Luci: Orlando Bolognesi
Suono: Pietro Tirella
Costumi: Elena Giampaoli
Capo macchinista e attrezzeria: Gianluca Bolla
Responsabile di produzione: Alessandra Vinanti
Organizzazione: Silvia Cassanelli
Direttore tecnico: Robert John Resteghini
Foto: Luca Del Pia

Ringraziamenti a Enrico Bagnoli, Jean Michel Ribes, Alessia Guidoboni (assistente di Thierry Boutemy) e Théâtre de Liège per i costumi

Bologna, Arena del Sole, via dell’Indipendenza 44
Dal 1° al 4 marzo 2018
www.arenadelsole.it